In queste ore riparte il carrozzone mediatico del Festival di Sanremo ma giusto una ventina d’anni fa successe qualcosa di incredibile.
20 febbraio 1996 lo spettacolo parte in maniera insolitamente sobria e Pippo Baudo, non sul palco ma dalla platea, presenta l’eccezionale ospite straniero.
Nonostante sia un professionista navigato, anche lui deve essere molto emozionato e incespica durante la presentazione. Le luci si spengono, tranne un riflettore che dall’alto punta dritto sull’asta del microfono, al centro palco.
Come fosse un alieno capitato per sbaglio su quel palco compare Springsteen. Pantaloni larghi, camicia grigia, capelli impomatati tirati indietro e pizzetto curato. In tono quasi dimesso imbraccia la nera Takamine acustica ed con un’armonica al collo esegue The Gosth of Tom Joad.
Si narra che per accettare di partecipare al Festival di Sanremo, Springsteen abbia mandato un filmato con istruzioni precise per la regia televisiva e richiesto espressamente di essere introdotto in apertura e non nel mezzo dello spettacolo. La serietà della canzone e il tema trattato richiedeva una presenza senza fronzoli e massima attenzione.
The Gosth of Tom Joad è un brano sobrio ed essenziale, come gli altri presenti nell’album pubblicato il 21 novembre 1995, non ha bisogno di spiegazioni aggiuntive. Il messaggio è chiaro ma per farlo comprendere meglio al pubblico volle che l’esibizione fosse sottotitolata in italiano.
Al termine dell’esibizione Baudo sale sul palco per salutarlo, accenna qualcosa in inglese, cerca quasi di trattenerlo a forza e di improvvisare un’intervista. Springsteen risponde gentile e sorridente, ma è evidente che il suo corpo è già teso verso l’uscita dal palco.