San Siro, le facce, l’esempio, i sogni

di Alberto Calandriello.

Fermo. Fermo, immobile, con gli occhi chiusi e le lacrime che senza difficoltà scendono sulla faccia.

Ecco come ho finito il mio concerto di Bruce ieri sera, durante LA canzone, Thunder Road, voce chitarra ed armonica, un busker che blocca il cuore alle 70mila persone a cui in tre ore abbondanti ha tolto il fiato. Benvenuti a San Siro, la casa del rock and roll.

Fermo. Fermo immobile appoggiato alla transenna, a lasciare che il boato mi entri dentro e mi attraversi, mentre la faccia di bruce davanti al gigantesco saluto che occupa due anelli dello stadio ci fa capire che stasera non ci saranno prigionieri.

Un concerto da stadio certo, tanto rock, tanti muscoli, tanto sudore.

Born in the USA, perchè è IL disco da stadio per eccellenza, con quella serie di pezzi non a caso da anni presenti nei bis dei suoi concerti, pezzi da ballare e su cui versare sudore e vita.

Una serata memorabile che ancora una volta mi da la dimensione dell’importanza che la musica e soprattutto la sua musica ha nella mia vita. I primi 45\50 minuti di pura potenza rock, una prova di resistenza che non fiacca anzi esalta l’energia dello stadio milanese, caldo come al solito e pronto a rispondere a ogni richiesta di coro o battimano.

Quell’album da tanti tacciato di essere commerciale mentre è un ritratto pazzesco dell’America anni ’80 e ahimè delle contraddizioni che ancora oggi ci circondano. La scaletta la sappiamo, chi non la sa se vuole la trova facile. Quello che è diverso sono le persone.

Le facce della gente, i sorrisi, il fatto che la sua musica ti stampi addosso quel senso di stanco appagamento per cui sei felicemente esausto, per cui sei esausto di felicità e nonostante tutto lo rifaresti subito e domani ancora e poi ancora.

Persino i momenti ormai standard assumono sfumature diverse, perché la musica di Bruce non ti lascia solo tramortito ma ti dice che la grinta, la gioia, la voglia di realizzarsi che lui mette nelle sue canzoni da 40 anni sono cose che non puoi abbandonare dentro allo stadio come i sacchetti con le carte dei panini e le lattine di birra.

E quindi la nonna che balla con la nipote e piange incredula, ma soprattutto la ragazza che suona la chitarra di fianco al suo idolo ci dicono che domani ognuno di noi può uscire là fuori e provare, provare con tutto sé stesso a realizzare il suo sogno, perché sarebbe un delitto, uno spreco, una bestemmia non trasformare il dono che la sua musica ci regala ogni volta in qualcosa di limitato e circoscritto.

Giulia, doveva esserci ieri, c’era ieri sera, c’era quando parlava di palle demolitrici che aprono strade nuove, c’era quando ha cantato l’album che ha ascoltato per primo e che parla della gente che adesso ha come vicina di casa, era su quel palco a realizzare il suo sogno, perché SA che il suo sogno ha lui come colonna sonora ma è ben altro.

C’era quando 70mila persone hanno cantato di gente che se ne va per vincere, perché è lei, che vince, ogni giorno, quando continuamente sceglie di proseguire il suo cammino nonostante le difficoltà, le distanze, le rinunce e le assenze.

C’era mia moglie, a casa con le bambine per permettermi di giocare ancora un po’ al fan, quando siamo andati al fiume e nel fiume ci siamo immersi, c’era perché abbiamo fatto un voto, come soldati e lottiamo insieme per difenderlo, c’era perché non ci ritiriamo e non ci arrendiamo. C’era anche lei, ovviamente, su Thunder Road, perché siamo uno la possibilità di rendere il proprio sogno reale dell’altro ed è per questo che l’ho sentita da solo, chiudendo gli occhi, perché c’è solo una persona con cui la ascolterei e se non è al mio fianco allora non voglio vedere nessun altro.

Ieri ho visto Bruce per la ventesima volta. Fa strano, è un numero un po’ carogna, perché ad una parte delle persone che conosco fa pensare “minchia, così tante?” e alla restante “minchia così poche?”. Ma a parte la cifra tonda, stamattina svegliandomi ho ripensato a tutti questi anni, questi km, queste code, a tutta la gente conosciuta, persa, ritrovata, a tutte le esperienze ed i momenti vissuti grazie o per colpa della sua musica, a tutto l’insegnamento che costantemente trovo nelle sue canzoni.

Ed ho pensato, per l’ennesima volta, a quanto la mia vita sarebbe stata differente senza tutto questo, senza soprattutto questa passione maniacale, questo amore viscerale verso le sue canzoni e la sua arte.  E’ stato come dare una ripassata al mio personale libretto delle istruzioni, un po’ come dire ok, come faccio a non sprecare tutto questo?

Poi mi sono riaddormentato, grato e felice.

Wrecking Ball Tour

Benvenuto su badlands.it

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.