di Armando Chiechi.
Guardo distrattamente delle immagini, guardo quelle foto come potrebbero sfilarmi davanti agli occhi tanti titoli di quotidiani che non apro e non sfoglio. So per certo però, che dall’ altra parte dell’oceano e della luna, in qualche arena tra la Florida e il Texas c’è uno show con una band e il suo leader, pronto ad infiammare un’altra notte, seppur di sicuro in cuore mio so che non infiammerà più il mio.
Lontani i tempi delle vecchie Chevy del ’69 e delle corse giù a Kingsley, lontano i giorni delle radio a transistor e degli amori al suono del doo-wop e del rock’n’roll e lontani pure i tempi della rabbia e della solitudine ai margini della collina, magari in una stanza poco illuminata o con le lacrime a rigare il volto di un uomo poco più che bambino seduto sull’ orlo di un reservoir.
E allora di cosa ti meravigli… mi sussurra una voce in fondo al cuore… quei personaggi non sono chi le ha cantate e mai ti ha detto d’ esserlo! Lo diceva tra un frammento e l’altro di canzone ed è bastato leggere solo quelle righe per avere un quadro perfetto dell’ insieme, senza ricorrere ad un disco inutile!
Bruce Springsteen ha dovuto distruggere il suo mito per trovarsi e trovare ossigeno. Dopotutto che cosa era “Western Stars” se non la fine della corsa e di tutti quei broken heroes, con la consapevolezza fisica che oltre non puoi andare, a meno che non contempli un suicidio dalle scogliere di Big Sur al posto di un più silenzioso e assolato Moonlight Motel. E allora cosa è quella “Lettera per te o per voi”, mi suggerisce un’altra voce nascosta chissà dove.
Interrogo la mia anima ma quella mi dice nuovamente che sono i dolci ricordi di quei giorni che non potranno più tornare e l’eco di quello che è rimasto dentro quelle casse, dentro quegli ampli e sotto la ruggine delle corde di chitarra… perché Bruce Springsteen come era e come quello che noi abbiamo sempre immaginato al nostro fianco non c’è più!
Le cose finiscono e non possono durare in eterno… finita la magia rimane il business ed il circo del rock, quel trucco magico è ancora in piedi certo ma l’ anima è da tutt’altra parte, forse in contemplazione verso il soffitto di un motel o dietro i vetri di un bar del Jersey a vedere le onde infrangersi sugli scogli. Però ad ogni modo penso e rileggendo ancora quelle confessioni fatte da un piccolo teatro di Broadway, che lui non ci ha preso in giro. No.
Basta spegnere per una volta la radio e lasciar suonare quelle parole, perché risiedono in quelle la vera musica e il suono dell’ anima di un uomo, perché non ha più importanza quanti zeri contano ora le tue ricompense, non ha importanza se non c’è più una vecchia Chevy del ’69 parcheggiata fuori e non ha più importanza che non ci sia tu più in agenda tra gli appuntamenti estivi.
Quel che importa è che un giorno quella miccia sia stata accesa, che un ragazzo di Memphis ha incendiato la tua notte e le notti americane come tu hai incendiato le nostre e la piccola vita di una provincia italiana. A me basterà sempre questo. Poi chissà magari ci vedremo da qualche parte ed in un altro sogno!