di Andrea Sartorati.
AMARCORD – E’ l’eterna e un po’ scontata storia di Davide contro Golia. Eppure il Padova allo Stadio Euganeo nel 1994 batté davvero il Milan con gol di Lalas (l’hippy americano con la barbetta rossa, quello che suonava la chitarra e ascoltava Mellencamp e finì pure in un CD tributo di artisti italiani a Springsteen: vedi che alla fine tutto torna?) e Gabrieli e nel 1995 compì analoga impresa – per quanto si possa definire impresa sconfiggere i nerazzurri… – battendo l’Inter con rete di Rosa.
PRONOSTICI – La data padovana di questa nuova calata del bovaro nel belpaese si annunciava sulla carta come la più interlocutoria, un po’ come Trieste l’anno scorso. In quel caso le previsioni furono essenzialmente rispettate, anche a dispetto di una scaletta più coerente rispetto ad altre esibizioni più celebrate. I tennici (non solo al bar sport, anche tra i fans c’è sempre un esperto che pontifica su tutto e ha visto Bruce per la prima volta prima di te) dissero che subentrò pure la stanchezza di artista e pubblico per la maratona sotto la pioggia di Firenze, ma secondo noi in questi casi un po’ gioca pure l’appeal del luogo.
UNDERDOG – E qui lanciamo un nostro cavallo di battaglia, ossia quanto Padova sia a livello turistico sottovalutata nella percezione comune. Un po’ cannibalizzata da Venezia, viene generalmente ritenuta inferiore a Verona (che ha il vantaggio di un monumento simbolo come l’Arena e di quella pagliacciata – pure falsa! – tanto cara agli ammeregani di Giulietta e Romeo, ma poi non offre molto altro) e più o meno simile a Treviso e Vicenza. che sono di sicuro belle, ma molto più piccole e con meno varietà di offerta culturale. ci accorgiamo spesso di questo fatto e anche all’annuncio di queste date alcuni hanno reagito pensando “allora suona proprio dappertutto”. con tutto il rispetto per Udine o Perugia, qui parliamo di una città che può calare parecchi assi (Sant’Antonio, Giotto e Galileo Galilei, la piazza più grande d’Europa, l’università antichissima, il caffé storico…) e che è pure il centro economico di un’area del paese invero fin troppo mitizzata.
AVREI BISOGNO – Non vogliamo medaglie o riconoscimenti particolari, perché la moralità non funziona come un semaforo e a seconda delle situazioni. noi conosciamo davvero molto bene (non come quelli che citano Trotta in qualsiasi post, come se fosse stato il loro testimone di nozze o il compagno di banco alle elementari) il promoter padovano, ma in questi mesi non ci siamo mai permessi di disturbarlo. anzi sì: per chiedere la disponibilità di un poster dell’evento! no biglietti omaggi (ricordiamo ancora quando ricevevamo richieste perché il cugino di un collega della moglie della sorella di un amico voleva tanto andare a vedere Bisio…), tantomeno braccialetti o pass di qualsivoglia tipo. Ingenui, stupidi, coglioni? Forse sì e non ne facciamo nemmeno un discorso di girare a testa alta, perché ci piacerebbe un mondo in cui la ricompensa arriva subito e non in un’improbabile vita ultraterrena. Zeman non vincerà mai nulla, è vero. e forse non è nemmeno più simpatico o più giusto degli altri: è semplicemente fatto così. Ma continuiamo a credere che un mondo con tanti boemi sarebbe un filino migliore e a vantaggio di tutti quelli (ce ne sono tantissimi) con più meriti di noi.
SORPRESA – Il preshow, per quanto non più così raro come in passato, è sempre un discreto gallone da appuntarsi sulla giacca e una buona voce da segnare sul proprio curriculum vitae springsteeniano. per dire quanto siamo strani nel dare valore a queste cose, ci ha fatto sorridere constatare che per molti (pseudo) giornalisti e per tanti spettatori si sia trattato semplicemente di un soundcheck e pure a ranghi ridotti. Per di più, avranno pensato, riuscito anche male, visto che poi quelle due canzoni sono state scartate dall’esibizione vera e propria.
LA DIFFERENZA TRA ME E TE – Per spiegare il diverso comportamento di maschietti e femminucce basti dirvi che mentre noi, assieme al nostro fido compare, udito il primo accordo e il boato del pubblico, battevamo il record di Sebastian Coe sul miglio e entravamo allo stadio perdendo dalle tasche della giacca chiavi, soldi e carte di credito (ci spiace aver dato l’impressione di poter vivere come Briatore urlando “ma chi se ne frega” alla gentile signora che voleva avvisarci del nostro curioso modo di reinterpretare la favola di Pollicino), le nostre gentili metà entravano con tutta calma e perdevano circa metà della prima canzone per individuare il posto esatto del numerato in una tribuna ovviamente ancora deserta. Inutile dire che paghiamo quell’innocuo sprint ancora oggi, altro che nati per correre.
COPIONE – Non amiamo troppo la mancanza di sorpresa (e di idee?) generata dall’album eseguito per intiero, ma è ovvio che aver pescato “Born to Run” (avremmo giocato due centesimi sul più facilone “Born in the USA”, che avrebbe avuto comunque il merito di levare dai bis un paio di canzoni che non rientrano nella nostra scaletta dei sogni) è stata una buonissima mano. ci è sembrato uno show lievemente più snello che in passato, con una prima parte sorprendentemente favolosa e una seconda di ottimo livello, ma rientrata sui binari dell’esibizione cazzara e senza filo logico che da qualche tempo caratterizza gli show del nostro. Un concerto che ci è complessivamente piaciuto tantissimo , anche più (ma non sappiamo se si può dire negli ambienti più ortodossi della militanza springsteeniana senza poi non essere costretti a non dormire mai per due notti consecutive sotto lo stesso tetto) di alcune date di San Siro. Il suono continua ad essere un po’ impastato e le esecuzioni non scevre di tanti piccoli errori, ma ormai sarebbe come andare a criticare una festa perché non tutti cantano a tempo il tanti auguri.
ESORDIENTI – Siamo molto felici che molti conoscenti che abbiamo praticamente costretto al rito di iniziazione alla messa laica del boss (ad un certo punto, nei mesi scorsi, avevamo in mano tagliandi per qualsiasi settore dello stadio) siano usciti dallo stadio magari non folgorati, ma sicuramente comprendendo un po’ di più la differenza tra un concerto di Springsteen e un concerto rock qualsiasi. Noi abituati a vivisezionare ogni gesto (e pure un po’ assuefatti dal conoscere a memoria mosse e contromosse dello scambio fra palco e platea) abbiamo probabilmente perso il gusto e lo stupore di questo 64enne che non concede un secondo al riposo. chissà, forse al nostro primo concerto troveremmo carine pure le scenette di cui non capiamo più il motivo, come la parte “piccoli fans” col pargolo su “Waiting on a Sunny Day” o i minuti danzerecci su “Dancing in the Dark”. Non male il bimbetto padovano: avrebbe reso perfetta la sua esibizione se avesse regalato ai presenti, ma soprattutto all’incolpevole moccioso con la maglia rossa che il padre ha cercato platealmente invano di offrire in sacrificio, un bel gesto dell’ombrello.
LA CORRIDA – La data all’ombra del santo ha regalato però una nuova parte dello spettacolo, quella dei dilettanti allo sbaraglio. Nulla contro Andrea Scarso, la cui suonata di cucchiai è stata spontanea, piacevole e assolutamente genuina. Ci sta pure il vederlo oggi idolatrato (crediamo non manchino nemmeno le groupies) e con molteplici richieste di amicizia sui social network. Però ad un certo punto sul palco non si capiva nulla e credevamo sarebbe pure presto apparso quello che suona “Working on the Highway” facendo le pernacchie con le ascelle. Caterino è stato un grandissimo local hero, ma speriamo si fermi qui. Non per lui, ovviamente, ma per Bruce: il passo successivo è quello dell’attore che si traveste da donna per l’ultimo tentativo di far ridere.
ORGANIZZAZIONE – Ovviamente tutti a lamentarsi di (effettivi) disagi legati a deflusso, parcheggio, mancanza di informazioni e altro. Noi stessi siamo i primi che nei nostri inutili raccontini sottolineiamo le differenze tra le esperienze live all’estero e quelle alle nostre latitudini. Però ci pare che Padova abbia retto bene, specie considerando le circostanze. Ossia l’esistenza di uno stadio oggettivamente orribile e poco funzionale, uno dei tanti monumenti alla stagione più florida di tangentopoli. Purtroppo la via di accesso all’Euganeo è la sola tangenziale. “Purtroppo” gli spettatori erano 40.000. purtroppo in Italia il trasporto su rotaia non è sviluppato nemmeno nelle grandi città e nemmeno negli aeroporti internazionali, figurarsi dalle parti di uno stadio di provincia. Siamo sicuri che gli ingorghi dipendano dall’organizzazione e non principalmente dai comportamenti umani? Perché alla fine tutti vogliono parcheggiare più vicino possibile, tutti vogliono salire per primi sulla navetta, tutti vogliono fare il giro più corto a sinistra, quando invece bisogna svoltare per forza a destra.
ILLEGALITA’ – Ciò che ci stupisce ogni volta non è tanto la presenza dei bagarini, dei venditori abusivi di magliette o dei camioncini di panini con la porchetta, quanto l’assoluta normalità di una situazione palesemente illegale nel nostro paese. Questi si piazzano nei punti strategici (creando poi i disagi di cui sopra: quando ci ribelleremo? Oppure alla fine ci fa comodo la t-shirt a 10 euro e il birrozzo freddo appena finito di saltare su Badlands?) e l’unica risposta di chi dovrebbe vigilare è di spostarsi un po’ più in là, in una sorta di guardie e ladri moderato e tollerante. Culturalmente siamo molto distanti dalle ideologie totalitarie, ma in questi casi il lanciafiamme ci sembra sempre l’unica soluzione adeguata.
RETORICA – Fra i plus di questo concerto c’è stata anche l’emozione di sentire urlato più volte il nome della propria città. abbiamo messo la bandierina su tante nazioni europee, ma per la prima volta abbiamo provato questa emozione diversa dalle altre. Forse a Milano, Londra e Monaco – piazze abituate a tanti eventi e ad una platea in larga parte non autoctona – giudicavamo banali e scontate quelle manifestazioni di affetto per la località dell’evento, ma ci siamo sentiti come quegli operai terroni che si sentivano coccolati da Agnelli che comprava per la loro Juventus i meridionali Causio e Anastasi.
CICERONE – Ci è piaciuto sentire albergatori, ristoranti e commercianti (categorie che di solito non amiamo, visto che riteniamo che tendenzialmente tendano ad inculare il prossimo) della nostra città gradire assai la pacifica calata del popolo springsteeniano. Un pubblico che, se non altro per un semplice elemento anagrafico – ma probabilmente anche per livello culturale e disponibilità economica – è probabilmente tendenzialmente più spendente di quello dei Negramaro o di Jovanotti. Personalmente abbiamo dato fondo alle nostre tre o quattro nozioni di storia patavina (la tipica anedottica da settimana enigmistica) con discreto successo. ora speriamo che il boss non si palesi più da queste parti, se no casca il palco della nostra preparazione approssimativa.
DEDICA – Dei tanti amici visti, rivisti e conosciuti per la prima volta in questa occasione, la data di Padova è alla fine quella che abbiamo inevitabilmente vissuto meno col nostro concittadino e compagno di tante trasferte Luigi. Ecco, Springsteen all’Euganeo è stato davvero tante cose, sassolini e fili dell’anima che resisteranno per sempre. ma una è mancata e non può essere coperta in nessun modo: la rustichella con un amico vero, che non ha tradito mai. mi è mancato quell’orribile panino bruciacchiato che ha segnato tante partenze e altrettanti ritorni.