di Dario Greco.
La canzone più struggente di tutti i tempi. Musicalmente delicata e sublime, appassionata per la tematica, cantata con una intensità che raramente abbiamo potuto ascoltare nella popular music. A distanza di 40 anni trasuda ancora sangue, nervi, fluidi e flussi vitali. Una ballata che sa di acqua, ma anche di sudore, lacrime e rinuncia triste.
Bruce Springsteen al suo vertice come compositore ed esecutore, coadiuvato in cabina di regia dall’amico di sempre, Steve Van Zandt. Non è un caso se all’epoca Springsteen fosse ritenuto il migliore autore della sua generazione. Avesse continuato a navigare in questa dolci limpide acque, sarebbe stato il migliore di sempre, doppiando senza fatica anche i suoi Maestri, Bob Dylan, Roy Orbison, John Fogerty ed Elvis Presley.
Purtroppo il fiume dopo un lungo e prorompente percorso si è seccato, come lo stesso autore aveva giustamente preannunciato. Resta però questa corsa a due, che a distanza di tanto tempo ci ricorda come bisogna cantare, suonare, ma soprattutto scrivere una grande canzone. Una lezione americana che risuona e riecheggia, tra la poesia di Whitman e il suono dell’heartland rock.