di Armando Chiechi.
Per un attimo mi è sembrato di tornare ai vecchi tempi, quando si aspettavano quelle poche ore che ti separavano dall’entrata in quel negozio e senza chiedere nulla al tuo negoziante, prima ti recavi alla lettera “S” per vedere se era vero tutto e quell’oggetto tondo come un grosso piatto con un piccolo foro e una copertina di cartone, era li che ti aspettava. Purtroppo di quei vecchi e simpatici negozianti poco è rimasto, idem di quei negozi sostituiti ora da una pizzeria d’asporto e domani magari da una banca o da un’agenzia immobiliare.
Ma quando la sagoma di cartone con il volto provato dalla neve e dagli anni, mi ha guardato di traverso mentre mi avvicinavo all’entrata di un altro negozio, per un attimo sono tornato ai miei venti anni. L’emozione non di possedere l’oggetto del desiderio o di aspettarmi un capolavoro, no questo no… ma di trovare la lettera di un amico unico, l’unico magari con cui puoi confidarti e l’unico capace di raccontarti tutto senza barare.
E allora mi è bastato far andare le prime note di “One Minute You’re Here” per rendermi conto che forse il mondo nonostante tutto ha un briciolo e più di speranza. E allora senti lo sferragliare di quelle pesanti ruote su quelle rotaie ed il vapore spuntare dalle cime di quegli abeti innevati. Il treno sta arrivando e qualcosa già ti scalda il cuore come quelle vecchie locomotive che fanno tanto Union Pacific e vecchio West.
Vedi quei volti provati dal viaggio e ne riconosci tanti, di gente che hai conosciuto personalmente e di gente di cui hai solo sentito parlare, eppure ti è tanto familiare. Quando poi il treno raggiunge la curva e le luci posteriori rosse ti fanno pensare ad un vecchio blues, ti accorgi che i tuoi occhi sono velati e il cuore gonfio. Qualcosa è passato in fretta, eppure è sembrato dovesse fermarsi qui per una vita. Magari un giorno ci rivedremo tutti in un sogno?