Il tunnel della sincerità

di Alberto Calandriello.

Non si era ancora spento il clamore di Born In The U.S.A., il fragore di quel colosso della musica che aveva scombinato tutto il panorama della cosiddetta musica da classifica, non si era ancora spenta l’eco di quel grido disperato.

I bicipiti in bella mostra, milioni di spettatori, milioni di copie vendute.

Bruce Springsteen era in quel momento in cima al mondo, ricco, bravo, bello, forte, messo tra Madonna e Michael Jackson, nell’olimpo dei più grandi.

Il cofanetto dal vivo aveva ovviamente amplificato il tutto, rendendo chiaro ai più chi fosse Springsteen prima di urlare il suo luogo di nascita, dimostrando perché la sua fama, prima dell’esplosione, dipendesse in gran parte dai suoi concerti.

Il testosterone circolava fluente, mentre si attendeva il seguito di Born In The U.S.A., mentre si rincorrevano le voci su come sarebbe stato il nuovo disco di “quello con la bandana ed i muscolazzi”.

Forza, potenza, muscoli, grinta, sudore rock and roll, si si, sarebbe stato tutto questo, come born in the usa, più di born in the usa.

Ho le fortune del paradiso in diamanti e oro
ho, piccola, tutti i bond che una banca può tenere
ho case sparse per il paese da una parte all’altra
e tutti vogliono essere miei amici
bene, ho tutte le ricchezze, bambina, che un uomo possa immaginare
ma l’unica cosa che non ho, cara, è che non ho te

L’album, dal titolo sicuramente indicativo, dove alla parola amore si contrappone il buio del tunnel, si apre così, su un tappeto di chitarra acustica ed un ritmo alla Bo Diddley.

L’uomo forte, muscoloso, rabbioso, che le canta a Reagan, il boss si confessa in maniera totalmente trasparente e ammette una mancanza, una lei che in qualche modo compensi e valorizzi tutto quello (tanto) che ha e lo renda degno di essere apprezzato.

Non male, come onestà no?

Quando tutto il mondo si aspettava un Born In The U.S.A. parte seconda, mister Springsteen apre il suo cuore, raccontando l’amarezza di amori finiti, di rapporti logori, di sentimenti che cambiano e sempre in peggio.

La coerenza artistica di Bruce, chiamata alla prova del nove, ne esce alla grande.

L’uomo non è cambiato, il suo voler raccontare le cose come stanno, la sua capacità di affrontare temi da punti di vista particolari ma usando un linguaggio universale hanno qui un picco altissimo, unito al coraggio di parlare di argomenti così personali proprio nel momento in cui maggiormente è personaggio pubblico.

Bono ha detto che è inutile cercare notizie sulla vita di Bruce nel gossip, perché bastano le sue canzoni.

E per quanto Springsteen abbia sempre negato che la cupezza ed il pessimismo del disco fossero influenzati dal fallimento del suo matrimonio con Julianne Philips, sembra innegabile che gli “occhiali” con i quali Bruce guardi al mondo nel 1987 siano quelli di un uomo disilluso ed amareggiato, ma che non si vergogna ad aprirsi su temi tanto delicati e personali.

La disillusione si respira nei personaggi di questo disco, l’uomo nel locale che scambia sguardi di intesa con una donna sconosciuta, la paura di essere soli, il fare due passi indietro ogni volta che se ne fa uno avanti, tutto lascia pensare ad una mancanza di fiducia nell’amore, nonostante lo si cerchi e lo si riconosca così importante; l’uomo cauto, sembra voler chiudere le sue porte ai sentimenti, Bill Horton non si fida più di loro, nonostante la bella sposa che gli dorme a fianco, la paura lo tormenta anche nel sonno, e davvero non fu mai chiaro in quale mano tenesse il suo destino.

L’amante tradito scopre il brillante travestimento, ma riconosce anche di usarne uno a sua volta. Non c’è un’accusa, ma una amara constatazione. Persino nel suo voler imparare a camminare come un uomo c’è la necessità di rivalsa verso chi ha portato via a suo padre le cose migliori.

Però l’album si chiude dolcemente, con un uomo simile a Bill Horton che guida solo, ma riconosce nella felicità del suo amico diventato padre da poco una meta, un obbiettivo e come la canzone che apre l’album, ammette una mancanza.

Chi si aspettava muscoli gonfiati, bandane e grida, trova un album dove si ragiona sulle sottrazioni, invece che sulle aggiunte

Chi si aspettava una fotocopia trova nuovi colori

Chi si aspettava un vivere di rendita scopre con questo disco meglio che con tutti gli altri lo spessore artistico ed umano di Bruce Springsteen.

Buon ascolto.

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