di Dario Greco.
Vorrei tornare a essere una ragazza, quasi una selvaggia, e aspra e libera, che ride delle offese e non ne impazzisce! Perché sono tanto mutata? Perché il mio sangue si agita tumultuosamente per poche parole?
(Emily Brontë)
C’è una gioia nelle giostre arrugginite, c’è un’estasi nei calci in culo solitari. C’è vita dove pulsa quel subwoofer vicino al mare, e c’è musica in quel boato. Io non amo le persone colte e raffinate di meno, ma i facinorosi di periferia di più. Miei fratelli di sangue, miei indomiti tamarri con lo stereo a palla in questa notte senza fine, fino al confino, di una Sant’Elena privata che stiamo attraversando.
Quanto mi manca l’immotivato casino delle vostre sere di maggio, del mio riposo disturbato, quanto vi ho odiato e quanto vi amo invece adesso. Lasciami riavvolgere il nastro dolcemente, e lasciati cullare dal rumore delle onde del mare, stanotte più di ogni altra, l’estate urla disprezzo, verso guerrieri e viaggiatori del Nowhere, ma non c’è rifugio, non c’è bungalow che tenga, siamo tutti congelati, in un momento senza fine. Non ci sono flashforward che tengano, e i sottotitoli sono come quel bugiardino, che non puoi decifrare. In che lingua sono scritte le istruzioni, qual è il codice d’ingresso per tutto questo dolore. Oppure no?
Ricordo la prima volta che ascoltai queste canzoni, era una sera di maggio uguale a questa e pensavo che la mia vita non fosse ancora iniziata, o meglio, non era iniziata in confronto ai miei desideri, a certe passioni. Avevo 17 anni e non sapevo molto del mondo, o meglio di come lo immaginavo al momento. Aspettavo l’istante giusto in cui tutto sarebbe mutato, come il colpo di frusta durante un testa-coda troppo ardito, ma è anche vero che poche volte le cose vanno in un certo modo. Skreek. Naturalmente non potevo saperlo allora: era troppo presto per capire e troppo tardi per imparare a vivere a tempo, secondo il codice della strada. E’ come un fuoco che pulsa, dentro lo stereo di certi ragazzi, nemmeno poi così diversi da te, dai sogni e dalle aspettative di vita di ogni adolescente insoddisfatto che si rispetti. Il momento in cui ho ascoltato per la prima volta le canzoni di Bruce Springsteen, non avevo ancora sogni miei da realizzare, non sapevo chi ero, né dove volessi andare. Sapevo solo che volevo correre, scappare via da me stesso, da tutte le cose storte e soprattutto da quell’istante in cui niente somiglia a tutti quello che ti aspetti, quando sei un bambino innocente e perduto nell’incoscienza di una vita piatta, monotona. Il vero problema è che ho sempre avuto una terribile immaginazione: vedevo scene di vita reale e ci romanzavo sopra chissà cosa. Partivo da un dettaglio o da una piccola, innocua, parola sfumata. Mi innamoravo di tutto, specialmente d’estate.
Ricordo che mi piaceva una ragazza, che stava con un mio vicino di casa. La Costa Tirrenica sfolgorava, erano gli anni dei pantaloni bianchi di cotone con le cinture nere, dei fuseaux color evidenziatore: erano gli anni delle prime polluzioni notturne, anche se a quel tempo nemmeno sapevo cosa fossero. Ricordo lo sguardo di Bruna, i suoi capelli neri, selvaggi, indomiti. Come una dea greca della fertilità, dell’ignoranza, dell’eccitazione. Come io mi immaginavo dovesse essere tutto quello, ma solo con la fantasia. Non sapevo che tipo di colonna sonora dare al ritmo del mio cuore, ma sentivo l’odore dell’estate ed era quell’odore che sa di buono. Sapeva di sesso, ma questo lo scoprii parecchio tempo dopo. Ci sarebbe voluto molto tempo e me lo avrebbe ricordato anni dopo, proprio quella canzone di Bruce Springsteen.
Era il re della spiaggia, stava cantando un pezzo romantico e fatalista ambientato durante una festa in spiaggia, come quelle che vedevo da lontano, mentre passeggiavo con i miei genitori. Lo capivo bene che la vera vita era quella degli adulti, non certo dei miei, ma di qualcuno che avesse una bella macchina con una marmitta truccata, una Lancia Delta, qualcosa di molto rumoroso e abbastanza vistoso, ma non una moto, perché ne avevo paura e perché pensavo che sarebbe stato bello essere minimo in quattro, per vivere al meglio quel momento, quello scampolo di giovinezza, non ancora mia. WROOM. Il vero sogno, il limite del cielo era una Renault 5 GT Turbo, ma il top sarebbe stata una Golf Cabrio. Vedevo queste scene o solo le immaginavo e capivo che c’era qualcosa di sbagliato. Qualcosa non andava, tra la mia vita e quella che avrei voluto vivere. Crescendo le cose non si sono subito sistemate, ma almeno sentivo di far parte di qualcosa, di essere uno sfigato come tanti, in teoria, sulla carta: la confezione di un Cuore di panna Algida. Io faticai non poco per entrare in una combriccola decente di compagni di ozio e di momenti sprecati.
Ancora una volta la colonna sonora risultava quella sbagliata: durante quell’estate infatti tutti ascoltavano le canzoni dei Red Hot Chili Peppers. Bevevamo Peroni da 66 comprate in un piccolo alimentari che faceva anche panini imbottiti, mentre ci scambiavamo pareri sulle ragazze più belle del rione. Eravamo gente uscita da un film di Scorsese, senza saperlo, ma era bello andare in giro spensierati, tra catenine d’oro, Gomgel per capelli e le prime Marlboro Lights gustate al tramonto. Sembrava che quel momento e quell’ estate non dovesse finire mai. Di tanto in tanto c’era qualche ragazza che ti sorrideva pure, ma eri troppo timido per provarci e allora ti limitavi a osservare. Studiavi mentalmente una tattica e ti facevi tutto un dialogo di fantasia, dove tutto andava a finire bene, ma era solo una posa da eterno sfigato. La prima volta che passai la notte con una ragazza ero nello stesso posto, seduto alla stessa maniera del tipo che stava con Bruna, la mia prima cotta precoce, che mi fece pulsare il cuore più del bozzo nei miei jeans Rifle. Erano anni selvaggi, ma innocenti, solo che io non lo sapevo bene. ZAC.
Flashforward. Poi arriva quel momento dove l’innocenza flirta in modo promiscuo con la consapevolezza. Quando sei troppo grande per sognare a occhi aperti, ma troppo giovane per non crederci, che quella sarà sul serio l’amore della tua vita. Che cos’è in fondo la perdita dell’innocenza, è un attimo, il cambio di ritmo nel drive di Rosalita. Un assolo di sax di Clarence Clemons. Una tenda montata vicino al mare. Vivere nell’illusione di un momento intimo e privato. CLAPS. Ma cosa c’è di intimo e privato nella gioventù? La musica. Forse un disco che hai ascoltato troppe poche volte e che troppe volte ti sei cucito addosso, come quel bozzo sui jeans Rifle, come la cromatura di quell’alettone della Lancia Delta integrale. Ricordi quei sedili, ricordi quell’odore.
I grandi dicevamo che era meglio del sesso. Tu non lo sapevi, ma eri portato a crederci. GULP. In fondo la magia non è altro che fede cieca. E io avevo fede cieca in una cosa: nella chitarra e nella voce di quel giovane e irsuto Bruce Springsteen. Il re della spiaggia, King of the Alley, con una banda di scalmanati dietro che picchiava duro e faceva luccicare le chitarre come se fossero coltelli a serramanico. Chi ha subìto il fascino della spiaggia, in un piccolo buco di culo di provincia lo sa bene. C’è il momento del riscatto, il momento in cui prenderai anche tu la patente e per un momento avrai l’illusione di poter scappare via, scambiando ali per ruote, immaginando di guidare quella sfavillante Lancia Delta integrale, che solo il rombo e il casino del motore ti facevano rizzare tutti i peli possibili e immaginabili. E allora corro via, ingrano la terza dando gas, mi lascio cullare solo per un attimo dal ricordo di Bruna, di quei pantaloni bianchi troppo eccitanti, di quel profumo di sesso. Una promessa che nessuno può infrangere, nemmeno Springsteen. La nostra serenata con le luci della Costa Tirrenica da sfondo, mentre attraversiamo la notte e la brezza di un’estate che forse non si è mai conclusa del tutto, ancora. E’ quel romantico trasporto che mi fa rivivere e vedere solo per un istante la gioia di quelle giostre arrugginite, l’estasi dei calci in culo, con la musica dance anni novanta che monta e pompa. Come la Lancia Delta, come il rombo di una Renault 5 GT turbo, bianca. Dovendo scegliere tra il culo di Bruna e il retrotreno di quella Renault 5, sarei in seria difficoltà. Miei indomiti tamarri, voi sapreste forse consigliarmi?
Odiate la musica cattiva, non disprezzatela. Siccome si suona e si canta molto più appassionatamente della buona, a poco a poco essa si è riempita del sogno e delle lacrime degli uomini. Per questo vi sia rispettabile. Il suo posto, nullo nella storia dell’arte, è immenso nella storia sentimentale della società.
(Marcel Proust)