di Giorgio Fatilli.
Ci sono storie che è normale raccontare, e ci sono storie che si può solo sognare di raccontare. Questo almeno credevo, fino a qualche giorno fa.
WE MADE A PROMISE, WE SWORE WE’D ALWAYS REMEMBER
È normale raccontare la storia di una passione forte, vera, intensa, duratura come quella che ho per la musica di Bruce Springsteen. Posso raccontare di come a 14 anni l’ascolto del suo album più famoso, Born in the U.S.A., mi abbia fatto capire che esisteva una musica diversa da quella usa e getta a cui ero abituato, mi ha aperto un mondo in cui le melodie, i testi, i suoni, la voce, erano al servizio di un rock immortale, una musica che poteva diventare realmente IMPORTANTE, per la mia vita, per la mia crescita, per la mia formazione.
Posso raccontare di come la passione mi abbia spinto nel 1988 ad andare a Torino da solo per andare ad ascoltare per la prima volta un concerto di Bruce, e di come la scoperta della sua musica mi abbia portato a curiosare nella storia della musica americana e non, arrivando a scoprire autori, dischi, generi anche lontani, ma sempre debitori della porta aperta nella mia anima da The River, Born to Run, Darkness on the Edge of town e Nebraska. Posso raccontare inoltre di come essere suo fan mi abbia permesso di conoscere tanti altri suoi ammiratori, frequentatori di suoi concerti, che poi sono diventati facilmente miei amici.
Posso raccontare di come uno di loro, Alessandro, sia diventato non solo un amico con cui condividere i concerti e la musica di Bruce, ma anche un compagno di viaggio per le ferie, per le serate tra amici, per le scorribande in montagna e per le scoperte di nuovi dischi, film, libri e tutto quanto contribuisce a soddisfare la nostra voglia di conoscere il mondo e la vita. Posso raccontare infine di come nel passare degli anni l’autore e la persona Bruce Springsteen sia cresciuto con me, cambiando, modificandosi, a volte sbagliando, a volte invece vivendo momenti di assoluta esaltazione, proprio come succedeva a me mano a mano che la vita scorreva e diventavo adulto. Una sola cosa era assolutamente certa: la promessa che mi era stata fatta nel lontano 1985 veniva costantemente mantenuta. È di tutto questo non potrò mai smettere di ringraziare il ragazzo del New Jersey.
I HAD A DREAM TONIGHT, MY DREAMS COME TRUE
Ci sono storie che si può solo sognare di raccontare, dicevo. E invece qualche volta può capitare che molte di queste, che si credono irrealizzabili, diventino a poco a poco reali; in quei frangenti le vedo avvicinarsi, le tocco e alla fine le gusto, rendendomi conto che stanno accadendo veramente. E quindi posso raccontare di cosa può capitare quando la voglia, la passione, la forza positiva vengono tutte messe a disposizione dei propri sogni. Può capitare di girare negli Stati Uniti a vedere quegli scenari con i quali ero cresciuto nutrendomi dei film e telefilm americani degli anni 70/80, e ritrovati nelle canzoni di Bruce con una potenza ed una profondità infinitamente superiori. Può capitare di assistere ad un concerto del nostro eroe in terra americana, tra la sua gente, dove la leggenda dei suoi memorabili show è nata e cresciuta. Può capitare che in questo concerto il ragazzo canti Indipendence Day, come se sapesse che in quel periodo avevo comprato casa e stavo per cominciare la mia esperienza fuori dalla famiglia in cui sono cresciuto.
Può capitare di godersi un concerto fantastico non curandosi dell’acquazzone che per tre ore si abbatte su di noi, anzi, rendendoci veramente Blood brothers in a stormy night. Può capitare di vederlo esibirsi in solitaria, alla chitarra, al piano ed altri strumenti, oppure ascoltare le sue canzoni trasformate in brani folk-blues-gospel grazie ad una band che ripercorre e riscrive il Grande Romanzo Musicale Americano. Può capitare di ascoltare New York City Serenade, di uscire dal concerto e di essere veramente a New York City. Può capitare di ascoltare in un unico concerto 20 canzoni in fila che, da The Ties That Bind a Wreck on the Highway, compongono un evento unico nella sua lunghissima storia; e può anche capitare che l’ascolto di queste canzoni, alcune quasi impossibili da reperire perfino sui bootlegs dell’epoca, trasmetta un senso di assoluto, di definitivo, di totalizzante; ed è come se il fiume che le tiene legate insieme generasse tanti piccoli rivoli secondari, che scorrono sulle guance di chi, come me, incredulo, vede la definitiva realizzazione di un sogno.
YOU CAN’T START A FIRE WITHOUT A SPARK
Ed eccoci. Io ed Alessandro a pianificare quali concerti vedere per il nuovo tour del nostro fratellone, con la spensierata consapevolezza di chi pensa di avere ormai avuto tutte le Beautiful reward che si attendeva; Milano non si può saltare, e poi una data spagnola che merita sempre, diciamo Madrid; e poi un altro in una città mai vista da entrambi… facciamo Vienna? Vienna… Vienna che arriva circa un mesetto dopo lo show al Bernabeu, nel quale abbiamo assistito al concerto più lungo della storia Springsteeniana a ridosso della passerella centrale, ammirando per quasi quattro ore Bruce, Steve, Nils, Jake e tutti coloro che a tratti si affacciavano su di noi. E poi c’è quella canzone del disco nuovo, Shackled & Drawn, durante la quale verso la fine Bruce duetta con Cindy, la sua corista, e vederla così vicina e così intensa mi ha fatto nascere un’idea: perché non provare nel prossimo concerto a fare un bel cartello dove chiediamo di ballare con lei? In fondo finora tutto quello che abbiamo avuto da Bruce è stato gratuito, proviamo per una volta a guadagnarci qualcosa, proviamo a far scattare una scintilla per accendere il fuoco!
Ed è così che a Vienna ci siamo presentati muniti di cartoni e pennarelli e abbiamo colorato le nostre richieste, io per ballare con Cindy, ed Alessandro per ballare con Michelle, da presentare durante la tradizionale Dancing in the Dark. Un tocco in più lo hanno dato le magliette che abbiamo scelto di indossare, divise della squadra di baseball giapponese dei Tokyo Giants, di un colore arancione fosforescente che non potevano passare inosservate. Ovviamente nei nostri pensieri si trattava di una semplice guasconata, generata dal fatto di avere già in tasca il biglietto per il pit, che ci avrebbe permesso di nuovo di essere vicini ai nostri beniamini. Era la prima volta con i cartelli e a volte ero anche infastidito dalla presenza di questo corpo estraneo durante il concerto, ma a tratti ho avuto quella strana sensazione che Steve, Garry (che erano esattamente sopra di noi) e anche Bruce CI GUARDASSERO… una sensazione già provata in altri concerti, ma non avvalorata da questo motivo palese… questa volta invece la sensazione era forte, quasi certezza, e mi ha infuso una certezza e una eccitazione crescente. Così dopo un concerto, come sempre strepitoso, ecco arrivare Dancing in the Dark, ed ecco che gli occhi delle telecamere e quelli di Bruce hanno cominciato a scrutare i diversi cartelli. Bruce, proprio lui, l’uomo che trasforma i sogni in realtà, l’uomo dal quale non avrei mai pensato di ricevere un segno diretto, è sceso dal palco, ha fatto un cenno a un uomo che chiedeva di ballare con Soozie e, subito dopo, GUARDANDOCI DRITTO NEGLI OCCHI, ha fatto un cenno a me e ad Alessandro, indicando il palco e invitandoci a salire!!!!!!
Da quel momento la realtà si è fatta liquida, le sensazioni si sono amplificate, la forza del corpo si è centuplicata! Ci siamo fatti largo tra la folla (eravamo vicini, ma non in transenna), ho dovuto sacrificare il mio magico cartello, il trasduttore che mi ha permesso di arrivare a parlare con Bruce, ma sono riuscito a farmi tirare fuori dalla calca da un tizio della security, che avrà sempre un po’ della mia gratitudine. Ed ora via, un salto, una salita, qualche scalino, e… sto camminando tra STEVE E JAKE, MI DIRIGO VERSO MAX MENTRE ROY E GARRY SONO VICINISSIMI ALLA MIA DESTRA!!!
Ho raggiunto Cindy, Alessandro era già con Michelle, le ragazze sono state gentilissime, ci hanno preso la mano e ci hanno fatto ballare, Cindy mi ha guardato negli occhi ed io ho ricambiato con un’intensità che non riuscirei a raggiungere in nessun’altra situazione. Intanto sbirciavo sotto di noi… vedevo la band di spalle che continuava a suonare, vedevo un mare di teste in movimento, ma soprattutto ballavo e non credevo a quanto stava succedendo!
I minuti che ci sono stati dedicati, nella mia testa sono sembrati molto più lunghi, ma ad un certo punto Cindy mi ha fatto un inchino, e ho capito che dovevo scendere; quello che non sapevo è che Bruce SI STAVA DI NUOVO RIVOLGENDO A NOI incitandoci a scendere, eravamo rimasti gli unici estranei sul palco! E allora siamo corsi giù, la stessa strada a ritroso, ma con Bruce che ci attendeva per una stretta di mano!!!
Ecco il momento, ho pensato, ce l’abbiamo fatta, ed è allora che ho capito che esiste una terza via: ci sono storie che è normale raccontare, ci sono storie che si può solo sognare di raccontare, ma ci sono anche storie che non si possono nemmeno sognare; avvengono senza preavviso, cambiano il corso degli eventi e segnano indelebilmente la vita! Non sono preparato a questo tipo di storie, e dunque la sto raccontando come posso, ma LA STO RACCONTANDO!
PAAAAAF!! La mia mano stringe quella di Bruce, lui ride come un matto e io non so che faccia posso avere, credo che l’immagine biblica dei volti raggianti possa essere qualcosa di molto simile alla condizione mia e di Alessandro. E poi giù di corsa, è tardi, abbiamo allungato il concerto di qualche minuto, e allora un saluto alla folla e poi siamo rientrati in transenna. Da qui ho cominciato a realizzare quanto fatto, guardando i volti esultanti delle prime file che ci seguivano mentre rientravamo nei ranghi. Due canzoni ancora, Bruce e la band salutano (e Cindy e Michelle che ci individuano tra il pubblico ci mandano ancora baci) e poi tutti se ne vanno, e io li saluto pensando che finalmente mi sono presentato a quella che da oltre 25 anni è la mia seconda famiglia!!
L’uscita dallo stadio è stata assolutamente irreale, sembrava di camminare sulle teste della gente, e tutto intorno a noi sembrava diverso, come se il mondo si fosse rinnovato e fosse pronto per ricominciare tutto da capo…..
SOMEDAY GIRL, I DON’T KNOW WHEN, WE’RE GONNA GET TO THAT PLACE WE REALLY WANNA GO
Dopo averci insegnato a coltivare i nostri sogni senza arrenderci, a nutrirli e coltivarli e a non trasformarli in ossessione per non venirne schiacciati, Bruce il 12 Luglio scorso ci ha dimostrato come la ricompensa possa essere straordinariamente ricca e inaspettata, e per questo ancora più splendida. Ecco, io credo che sia l’ennesima grande lezione appresa durante un altro leggendario concerto del nostro eroe. Credo che il posto dove vogliamo veramente andare sia proprio questo: il luogo e il tempo nei quali la realtà va oltre a ciò che speriamo, oltre a ciò in cui crediamo, oltre a ciò che sogniamo. E credo che Bruce sia d’accordo.
http://youtu.be/p-pbJcshsZc