La mia canzone del decennio è la nuova versione di The ghost of Tom Joad di Bruce Springsteen e vi spiego perché.
Lo aveva promesso, lo aveva promesso a sua mamma, guarda negli occhi di quelle persone mamma e ci troverai me. Mamma, dovunque un poliziotto picchia una persona, dovunque un bambino nasce gridando per la fame, dovunque c’è una lotta contro il sangue e l’odio nell’aria, cercami e ci sarò.
Lo aveva promesso nel 1939, tra le pagine del libro di Steinbeck, lo aveva promesso nel film di John Ford, lo aveva confermato nel 1995, sulle note della canzone di Bruce.
Un album a lui dedicato, al fantasma di questo simbolo di eguaglianza, di desiderio di lotta e rivalsa, che dalle pagine ormai ingiallite di più di cinquanta anni prima era tornato in una ballata cupa, malinconica, dal tono desolato e accompagnato dalla straziante armonica a bocca del cantante.
Uomini sui binari, letti di pietra, ingiustizie e soprusi, Tom Joad non aveva smesso di occuparsi di tutto questo, aveva combattuto fianco a fianco di Woody Guthrie e di Bob Dylan, che a lui per primo aveva dedicato una canzone.
Che senso, che ruolo, che scopo ha oggi, Tom Joad? Tom Joad oggi è semplicemente necessario. Perché il nuovo ordine Mondiale a cui Bruce dava amaramente il benvenuto, oggi si è insediato e non ha nessuna intenzione di andarsene. Quindi ecco che di gente come Tom Joad abbiamo un bisogno immediato. Ma Tom Joad non può più permettersi di presentarsi in sparuti falò lungo le strade, in quei posti dove un piatto di minestra calda è spesso l’unico scopo per arrivare a sera. Tom Joad non può limitarsi a comparire lungo le statali piene di disperati, per unirsi al loro lamento.
Tom Joad oggi deve urlare il proprio dissenso e la propria rabbia, deve prendere quelle persone, quelle a cui il New World Order ha tolto tutto e deve portarle nelle piazze, davanti ai palazzi del potere, sotto ai balconi dei potenti ed essere l’amplificatore ed il detonatore della loro frustrazione e del loro diritto di rivincita.
Questa è la mia lettura della nuova veste che Bruce ha dato al suo capolavoro dedicato all’eroe steinbeckiano nel disco High Hopes.
Non è tempo di chitarre acustiche ed armoniche a bocca, è tempo di alzare forte e potente un grido ad una, cento, mille, milioni di voci che rimbombi ovunque e che chiami a raccolta chi ancora combatte per la propria vita e per la propria dignità.
Dovunque si combatte per uno spazio di dignità, per un lavoro decente, una mano d’aiuto dovunque qualcuno lotta per essere libero guardali negli occhi e vedrai me.
Al suo fianco Bruce ha scelto di avere Tom Morello, perché la sua chitarra lo aiutasse ad alzare questo urlo. Morello nella rivisitazione di Tom Joad traccia con i suoi due assoli la linea che Tom Joad dovrà seguire d’ora in poi.
Sarà una lotta, ci sarà da combattere, dietro di lui ci sono tutti i soprusi e i drammi che la Storia ha riservato ai perdenti, agli ultimi, ai senza-niente; se il primo alza la tensione del pezzo, che parte in maniera soft a richiamare l’originale e si elettrifica man mano, il secondo in due minuti traccia lo scenario dove da ora in poi dovremo andare a cercare Tom Joad ed i suoi seguaci.
Perché Bruce è con Tom Joad, perché Tom Joad è tornato, il suo fantasma è qui ed infesterà di incubi i sogni di molti, come dimostra il cambio del testo a fine brano, dall’originale “searchin’ for the ghost of Tom Joad” al nuovo “with the ghost of old Tom Joad (con il fantasma del vecchio Tom Joad).
L’assolo conclusivo di Morello è il nuovo ordine mondiale: lì dentro ci sento la guerra in Jugoslavia ordinata da Clinton con la stagista sotto la sua sedia, ci sono le menzogne sulle armi di distruzione di massa, ci sono gli elicotteri che sorvolano le zone a rischio, che sono a rischio perché sono piene di gente che non ha nulla che non la propria rabbia e dunque pronta a tutto, ci sono le mitragliatrici che l’occidente ha seminato in Africa per armare chi poteva evitare pericolose prese di coscienza, ci sono le sirene d’allarme che annunciano il default, la rottura degli argini, il defcon 1, ci sono le torri gemelle in fiamme, il cadavere di MLK, Jimi a Woodstock e l’omicidio di JFK: c’è l’America nelle sue contraddizioni, nelle sue esasperazioni, c’è il caos primordiale dentro il quale siamo stati scaraventati a forza, c’è il richiamo alla versione che la band di Morello, Rage Against the Machine, fece anni fa, portando per la prima volta Tom Joad nelle piazze, in corteo, con il loro megafono ad esaltarne il messaggio.
Questa è per me la nuova versione di The Ghost of Tom Joad, sette minuti di, non a caso, furore, durante i quali grazie a Bruce ed a Morello, appare di nuovo il simbolo della riscossa degli ultimi. Quello finale non è un semplice assolo di chitarra, che di per sé non ho gli strumenti per valutare, bensì un inno nell’inno, un viaggio veloce, vorticoso ed a rotta di collo dentro l’atmosfera che oggi respiriamo, spesso inconsciamente, noi sempre in attesa che gli ultimi diventino primi ed i primi ultimi.
Pezzone. Complimenti all’autore.