di Gianni Pennesi.
I concerti di Springsteen sono come il sesso dopo la prima volta non vedi l’ora che venga la seconda, poi la terza, e la quarta, fino all’infinito e oltre.
La passione, la tenerezza, la libido, i sentimenti, le paure e i desideri si intrecciano, si congiungono e infine si mescolano in una osmotica miscela di piacere che raggiunge simultaneamente la carne e lo spirito, il cervello e il cuore. Non importa chi fossi prima né conta chi sarai dopo, perché ogni concerto di Springsteen regala un istante di estatica immortalità, cristallizza quel momento, lo ammanta di romantica dolcezza e lo spalma sui ricordi donando ad ogni emozione passata e futura una prospettiva più luminosa, talvolta addirittura meravigliosa.
Questa è una forza primordiale che si sprigiona prepotente durante un rituale nel quale la magia e la sacralità si confondono sfumando i contorni delle semplici esistenze di chi vi partecipa e rendendole tutte, in egual misura, speciali.
Come il sesso, per l’appunto: l’ormone è liberato, la fantasia è scatenata, il piacere è coinvolgente.
La fusione del cuore e della carne è un moto oscillante che si nutre di romanticismo (Drive all night), che arde del fuoco della passione (I’m on fire), che brilla di allegria (Hungry Heart), che si rinnova con l’energia (Because the Night), che sa essere anche aspro (Trapped), che ha bisogno di tenerezza (Thunder Road) e che ci ricorda che l’amore è un dono che va coltivato senza mai risparmiarsi (The River). Esauste appagate ed estasiate, 60000 persone si sono lasciate trasportare per quasi 4 ore in una catartica orgia di sentimenti e passioni ancestrali, guidate da un sacerdote preparato ed esperto amante.
Capita di rado che il culmine del piacere sia raggiunto simultaneamente dagli amanti ma che possa addirittura diventare un fenomeno collettivo che travolge nello stesso istante decine di migliaia di persone è praticamente un miracolo. E proprio un miracolo è avvenuto quando il violino di Soozie Tyrrel ha intonato le prime note di Jungleland. 60mila cuori hanno perso un battito per poi essere scossi da un orgasmo folgorante e ancora fremevano mentre Jake Clemons (nipote del mitico Big Man) eseguiva l’assolo di sax più bello della musica rock. E quando il Boss ha urlato a tutto il mondo che
Fuori la strada è in fiamme
in un vero carosello di morte
tra ciò che è reale e ciò che è fantasia
e i poeti quaggiù
non scrivono niente di tutto questo
stanno solo alla larga e lasciano che tutto sia
e nel pieno della notte
giunge il loro momento
e cercano di fare un’onesta figura
ma si ritrovano feriti
nemmeno morti
stanotte nella giungla d’asfalto
tutto è stato perfetto.
E ancora lo è: perché la meraviglia di ogni concerto di Springsteen non è la felicità che ti pervade mentre lui suona e canta, bensì la consapevolezza che quella felicità può durare a lungo.
Talvolta perfino tanto.
Magari fino al prossimo concerto.
Lapinsù ha pubblicato tanti articoli di ottima qualità, ma è quando parla del Boss che dà il meglio di sé. Non credo che sia una questione di impegno: semplicemente, l’amore che prova per Springsteen lo ispira come nient’altro al mondo. Avete fatto benissimo a pubblicizzare il suo articolo, e vi consiglio di tenerlo d’occhio anche in futuro.
Pura Libidine per l’Anima