di Piero Gattone.
Mercoledì pomeriggio, caldo, coma, livello di adrenalina tornato alla normalità. Vediamo di dare un senso a quanto successo tra domenica e martedì in quel catino di cemento conosciuto come stadio di San Siro.
L’aggiunta del terzo anello lo ha reso simile ad un monoblocco del motore di una hotrod, pronta a correre sulla New Jersey Turnpike.
Sarà per quello che ogni tanto all’interno avvengono magie non del tutto casuali.
Quando domenica mi sono presentato davanti allo stadio ero convinto che all’interno di San Siro si nascondesse una buascia, le scalette poco convincenti, la presenza fissa della pissing song con putti canterini invece che il fiume dalla sorgente alla foce. Anche la scelta di vita di relegarmi in tribuna, sarà pure il prestigioso primo anello rosso, ma è sempre a distanza siderale da dove di solito risiedo durante il concerto, no, non è la zona bar, mai vista una zona bar durante un concerto. Inoltre, in teoria, in tribuna dovrei pure stare seduto. Se voglio sentire un concerto da seduto, magari pastrugnando l’aifon, me ne sto a casa e mi sento un bootleg sullo stereo.
Ero talmente scazzato che invece che entrare presto, me ne sono rimasto fuori fino a dopo il pre-show.
Si sono un coglione.
Si sono un enorme coglione.
Salutare e doverosa autocritica: fatta.
Finalmente prendo posto, e prima simpatica sorpresa, alle spalle, un corridoio, bene! nessun culo di pietra alle spalle che non vede se mi alzo in piedi, e ancora meglio un passaggio continuo di grassatori travestiti da venditori di bottigliette d’acqua.
Controllo pure la posizione di bar e cessi, in modo da poter realizzare l’imitazione del fan medio americano, andare al bar a prendere una birra, durante la certa esecuzione di Waiting for a Sunny fucking singing kid.
Il concerto va a cominciare, senza la terribile fase della compressione, anzi c’è pure un simpatico venticello che mantiene la temperatura piacevole. Fanculo alla temperatura, e fanculo pure al piacevole, continuo a desiderare di essere nella bolgia sotto, si sono malaaaato.
Parte la coreografia, e vista la mia posizione non saprò cosa abbiamo scritto fino al giorno dopo. Bruce raccoglie la mascella, la risistema e
Grab your ticket and your suitcase
Thunder’s rollin’ down this track
Well, you don’t know where you’re goin’ now
But you know you won’t be back
Land of Hopes and Dreams, mi sembra di ricordare un altro concerto in questo stadio iniziato con coreografia e lo stesso brano. E quella sera di tre anni fa ci ha fatto tanto, ma tanto male. E questa sera?
Affrontiamo prima i legami che ci vincolano e poi litighiamo con la suocera che dobbiamo portare a ritirare il sussidio invece che andare al mare a divertirci. Sembra che ci sia un piccolo ruscello che inizia a scorrere. Una piccola deviazione dal corso del fiume per controllare che al Greasy Lake sia tutto ok. Passiamo davanti alla casa in cui sono rinchiusi i ciechi (grazie Ms Cevoli lei è la vera inventrice di google translator) Silvio Dante torna al lavoro aiutando il capo a raccontarci di due cuori. In ogni caso un attacco assassino che spezza il fiato al pubblico. Magari altre volte i musici sul palco sono stati più precisi, magari la voce di Brus è in crisi, magari un cazzo, siamo finiti nel solito ottovolante di emozioni e noi ci piace cosi
Well Papa go to bed now it’s getting late
Nothing we can say is gonna change anything now
È ufficiale signori questa sera si rimbalza come pallette pazze che strumpallazzano. C’è anche una piena che minaccia di travolgerci. Quasi tutto il disco 1 di The River, ma non ci stiamo sbagliando? Non era il Greatest Hits tour quello che passava per Milano.
Per rimanere in area miracoli, il pubblico evita di cantare a sproposito su The River.
Uno stadio, Indipendence Day e The River, e nessun coro a cippadecazzo? #Parliamone.
Un attimo di pausa, e l’ennesima botta al cuore, e non solo per noi fans anziani che timbrano qui il cartellino per la sesta volta.
Do you still say your prayers little darlin’
do you go to bed at night
Prayin’ that tomorrow, everything will be alright
Sbadabam
E il silenzio è totale, come dice Backstreets, più che uno stadio sembra un teatro. E giusto che siamo in area soprannaturale, Bruce parte con Trapped mentre la banda non capisce la chiamata e inizia 41 Shots. Una veloce regolata e si parte un’altra corsa di ottovolante, ma sì che vuoi che sia, tanto tra poco ce famo la pausa birra durante lo zecchino d’oro.
Ma. Purtroppo. Nuncesicrede #bellezza
Per cause non dipendenti dalla nostra volontà la prevista puntata dello zecchino d’oro non andrà in onda. E’ l’ottovolante accelera ancora, diventa una centrifuga
When I lost you honey sometimes I think I lost my guts too
And I wish God would send me a word
send me something I’m afraid to lose
Facciamo due conti, Indipendence Day, The River, Point Blank e pure Drive All Night? Ma stiamo scherzando? E magari in Drive All Night c’è pure una tag di Dream Baby Dream? E tutto il pubblico silente o quasi ad ascoltare quello che succede? Ma non doveva essere una scaletta nazional popolare cantereccia? Grazie signore ne posso avere ancora (cit.)
Il desiderio viene esaudito, questa sera arriva anche Magic Rat per iniziare i bis.
Ci sono dei momenti in cui anche i poeti non riescono a scrivere nulla.
I bis successivi, per nostra fortuna sono messi li solo per stroncarci fisicamente ma abbiamo ancora una sorpresina per Bruce, Ramrod, solita scenetta di Steve what time is it? al momento giusto, come un sol uomo sessantamila voci rispondono IT’S BOSS TIME!
Scusa Steve, oggi la E-Street ha un corista in più.
Thunder Road acustica nel solito silenzio religioso ci manda a casa.
44 ore al secondo round, vissute in un mix di stanchezza e adrenalina, tipo il coniglietto a pile caricato con una Duracell e una manciata di anfetamine.
C’è giusto il tempo di una digressione sui concerti consecutivi nella stessa città, di solito il secondo è meglio, giusto per alzare l’asticella dalle aspettative. Si siamo strani noi fans, siamo passati da non mi aspetto nulla di buono ad anche questa sera troveremo le chiavi dell’universo all’interno di San Siro.
Per evitare l’errore della sera precedente, a questo giro entro presto, e come ampiamente prevedibile, non succede nulla.
Bisogna solo attendere fino a quando Meet Me in The City non esce dal letargo. Una Prove It All Nigh con solo spiritato di Steve ci porta al secondo inedito di The River della serata. Roulette, fammi capire, domenica quasi tutto il disco e questa sera gli inediti. Purtroppo non sarà così, è la serata cartelloni, detta anche lo famo strano.
Il primo cartello è di mestiere, ovvero devo suonare Spirit in the Night, pesco un cartello che lo chiede e lo faccio vedere , ah come siamo cattivi noi fanz anziani. Arriva Rosalita evasa dai bis, l’esecuzione di Fire richiama il fantasma di Clarence, arriva la festa a casa di Mary. Per ora tanto divertimento e poca epica, almeno fino a dopo The river.
I got a sixty-nine Chevy with a 396
Fuelie heads and a Hurst on the floor
She’s waiting tonight down in the parking lot
Outside the Seven-Eleven store
Va bene, fai pure quel cazzo che vuoi, io mi arrendo. Roy santo subito (cit. undersaints) .
Come se non bastasse Racin’, ritorna dopo 31 anni ad accendersi la Cadillac nella Mijano nait e un cartellone manda in ferie per la seconda sera consecutiva il putto canterino. E che cartello! e che canzone!
You make up your mind, you choose the chance you take
You ride to where the highway ends and the desert breaks
Out on to an open road you ride until the day
You learn to sleep at night with the price you pay
Il solito assolo roteante di Nils in Because the Night ci porta all’ennesima sorpresa della sera, Bruce ci asfalta con una versione rozza, cattiva e schitarrata di Streets of Fire, è tempo di bis, e chi non e’ ancora venuto a trovarci in questa estate?
One soft infested summer me and Terry became friends
Seven Nights to Rock celebra il settimo passaggio per San Siro, mentre
But just to say I miss you baby, good luck goodbye, Bobby Jean
ci porta alla botta finale. Bruce ha imparato dal suo amico Eddie come chiudere un concerto con una canzone lenta. Arriva Kevin con l’acustica e un reggi-armonica. Arrivano i ringraziamenti finali e questo
Well if you can’t make it stay hard, stay hungry, stay alive if you can
And meet me in a dream of this hard land
In un silenzio spettrale chiude un’altra serata.
Si potrebbe fare l’arida contabilita’ dei tempi, delle canzoni eseguite, parlare della divisione tra chi ama Brus e chi non l’ha mai visto dal vivo ma in fondo basta.
Primo.